Come credo tutte le persone che hanno comprato una barca a vela, anche io ho sempre sognato di arrivare lontano, spinto dagli alisei, fino agli atolli più sperduti del pianeta. Come tutte le persone che hanno letto i libri di Moitessier, anche io ho passato notti insonni a pensare come sarebbe stata una navigazione oceanica, con la mia barca, solo tra mare e cielo. Ma come fare per partire?
Affrontare il mare è l’ultimo dei problemi, la vera sfida è mettere le cose in modo da poter mollare gli ormeggi senza strappare via tutto, senza farsi schiacciare dai sensi di colpa che tutti, a più livelli, cercheranno di farti venire.
Per affrontare un oceano, infatti, non servono capacità particolari, serve esperienza e l’esperienza si fa solo navigando. Bisogna avere la giusta paura che ti ricordi il rispetto che si deve al mare, un paura che non è panico, ma qualcosa che ti fa prevenire ogni incidente o contrattempo che potrebbe sempre capitare. Le prime burrasche sembreranno non finire mai, ma più ne affronti, e più capisci che la barchetta, se messa in condizione di non sforzare, resiste tranquillamente; e così, burrasca dopo burrasca, si impara a godere della natura anche in condizioni avverse. Si, è solo questione di abitudine.
E allora perché non partire? Quali sono i problemi?
La mia è stata un’esperienza in antitesi col “mollo tutto e parto”, un viaggio a tappe in equilibrio col resto della vita.
Un viaggio a tappe mi ha permesso di non restare troppo a lungo lontano dal lavoro o dalla famiglia, ma soprattutto, mi ha dato la possibilità di integrare il sogno nella vita di tutti i giorni, e questo ne ha aumentato notevolmente i benefici.
Prima della partenza, però, ricordo che molti dubbi risuonavano nella mia mente e, tra questi, il più frequente era l’aspetto economico del “sogno”. Quanto mi costa tenere la barca in giro per il mondo?
Oggi posso dire con certezza che molte delle mie paure erano infondate, anzi: in nessun paese dove sono stato, mantenere una barca costa più che in Italia!
Quando Papayaga (Alpa 11.50) ha lasciato l’Italia, nel 2005, pagavo circa 5000 euro l’anno per il posto barca. Certo, esistevano ed esistono tuttora posti più economici ma le circostanze mi avevano spinto a tenere la barca in quel marina. Arrivato a Martinica ho avuto modo di constatare che i prezzi per un posto in banchina erano molto inferiori ai normali prezzi italiani e quando ho lasciato la Papayaga a Tinidad, per un intero anno, ho speso poco più di mille euro.
Arrivato in Venezuela nel 2009, precisamente a Puerto la Cruz, mi è sembrato di essere al luna park: il prezzo del gasolio era di 1 centesimo al litro, la barca in secco mi è costata meno di 200 euro al mese, ho fatto fare uno sprywood (che ancora ho) per 350 euro e ho fatto verniciare l’opera morta con 1400 euro. Unico problema: l’uso disinvolto delle armi (oggi non è consigliabile andare).
Curacao è un pò più cara ma comunque ho tirato giù l’albero con 80 euro, fatto fare un pulpito nuovo con circa 1000 euro e la sosta in secco è costata sui 300 euro al mese. A Curacao arrivano le cose direttamente dagli Stati Uniti con Budget Marine e i prezzi in dollari erano molto convenienti.
A Cartagena, in Colombia, tutti i lavori di artigianato sono economici, io personalmente non ho dovuto fare molto ma conosco barche che hanno fatto lavori importanti a prezzi irrisori. Anche in Colombia compri qualsiasi cosa dagli Stati Uniti con West Marine. Prezzi in Dollari e minimo sovraprezzo.
A Panama Papayaga è rimasta un anno a Panamarina pagando 220 euro al mese; è un bellissimo posto e anche sicuro ma per lasciare la barca alla boa forse è un po’ troppo caro. Ho saputo che da poco hanno anche la possibilità di tirare a secco le barche. Più costoso è il cantiere di Shelter Bay, all'ingresso del canale di Panama, dove Papayaga ha pagato 340 euro al mese per un posto in terra nella security area. A Panama la moneta in uso è il Dollaro americano e anche qui in un giorno arriva la merce dagli Stati Uniti.
Una volta attraversato il grande Pacifico ricordo di aver temuto un tracollo finanziario ma passando dall’atollo di Apataki (Tuamotu) ho scoperto un cantierino che sembrava un Club Med, con spiagge bianche tutte intorno al boatyard, dove la Papayaga avrebbe potuto riposare per meno di 300 euro al mese. La mia scelta però è ricaduta sul cantiere di Raiatea dove sempre per le solite 300 euro al mese ho potuto lasciare la barca per quasi un anno.
E gli aerei? Quanto si spende per raggiungere la barca?
Questi sono i prezzi per gli aerei e per tenere la barca in secco, ma per una crociera?
Quanto si spende per la barca durante una crociera? Niente. Niente porti, niente marina, niente gavitelli a 200 euro a notte… se esci da Panamarina e vai a San Blas ci puoi rimanere un anno senza spendere un euro per la barca… non c’è nulla. Dopo aver rimesso la barca in acqua a Raiatea, sono stato due mesi in Polinesia, navigando tra le Tuamotu e le Isole della Società, senza spendere niente; come unica concessione, prima di far prendere l’aereo ai miei figli, abbiamo passato una notte ai pontili del lussuoso Marina de Papeete, sul lungomare della citta: 35 euro.
I gavitelli in tutta la Polinesia sono gratis e gli ancoraggi splendidi, la vita non costa come mi ero immaginato e Letizia si è anche levata un dente del giudizio pagando solo 30 euro.
Quanti problemi mi ero fatto, eppure… si possono trovare possibili equilibri senza tradire i propri sogni.
