Mollare gli ormeggi e affrontare il mare è l’ultimo dei problemi, la vera sfida è mettere le cose in modo da poter partire senza strappare via tutto, senza farsi schiacciare dai sensi di colpa che tutti, a più livelli, cercheranno di farti venire.
Come prima cosa ci vuole una barca e non serve che sia un transatlantico. Oggi tutte le barche sono grandi e confortevoli… ma anche le barche piccole e non proprio giovanissime possono essere in grado di prendere il largo… ANZI, in molti casi sono molto più robuste e marine delle barche moderne.
Non servono quindi grandi soldi, la mia Papayaga la pagai circa 20.000 euro e a pensarci bene non sono cifre impossibili, si tratta di scegliere cosa uno vuole fare, quali sono gli obiettivi… per esempio io non ho una macchina. Sono troppe le cose che ci troviamo a comprare senza averne una effettiva necessità.
Se si ha un sogno bisognerà cominciare ad operare una scelta tra cose veramente indispensabili e cose inutili che non concorrono al raggiungimento dell’obiettivo. Quante volte ho parlato con gente che sogna da anni di partire ma poi, “quest’anno ho dovuto rifare la cucina”… “l’anno scorso la macchina nuova perché l’altra era ormai vecchia”, il prossimo anno ci sarà sicuramente la settimana bianca o altro. Come prima cosa bisogna avere il coraggio di elencare tutte le spese che ci portano in direzione contraria al nostro sogno e poi verificare con estrema freddezza se sono veramente indispensabili o no… se non lo sono e continuiamo a sostenerle vuol dire che non vogliamo partire.
Bisogna poi imparare a fare qualsiasi lavoro a bordo, e questo non tanto per abbattere i costi di manutenzione, ma perché in mezzo agli oceani non ci sarà nessun meccanico o carpentiere che ci possa aiutare. C’è chi avrà più manualità e chi meno, ma il tempo passato nei cantieri a resinare, a stuccare, a cambiare parti del motore ci farà conoscere a perfezione la nostra barca (conditio sine qua non…) e alla fine sarà parte integrante del viaggio… la preparazione.
Il lavoro: non nascondo che questo è il punto più difficile. Per poter navigare a lungo bisognerebbe non essere vincolati alle poche settimane di ferie che un contratto standard prevede. Io per poter avere la possibilità di partire prima o poi, presi la difficile decisione di mettermi in proprio, di aprire una scuola di musica dal nulla e, anche se la cosa può far rabbrividire, ora benedico il momento in cui ho preso questa decisione. Naturalmente nulla è semplice, bisogna innanzitutto fare in modo che questa attività stia a galla, ma se l’obiettivo è inseguire il nostro sogno, lavorare 24 ore al giorno non ci stancherà… sarà come verniciare lo scafo… e alla fine il risultato non può che essere bellissimo.
Affetti: quando partii da Anzio nel luglio 2005, feci una crociera con tutta la famiglia in Sardegna e poi Baleari. Mi presi poi una settimana per portare la barca alle Canarie insieme a mio fratello. La lasciai a Lanzarote e tornai a Roma per lavorare. Nello stesso anno mi presi altre quattro settimane per fare la traversata dell’Atlantico insieme al mio amico Roberto, ma poi le vacanze successive le facemmo ai Caraibi per la gioia di tutti... e così, per molti anni ancora, i nostri posti di vacanza diventarono ora le Antille, ora Los Roques, ora San Blas. Nessuno muore per poche settimane di assenza anzi, se il progetto è condiviso (a beneficio di tutti) le assenze non peseranno affatto, al contrario, aumenteranno l’aspettativa per le nuove avventure. Solo quando i miei figli hanno raggiunto i 20 e 18 anni, ho finalmente deciso di prendermi cinque mesi per la traversata dell’Oceano Pacifico e la scoperta della Polinesia dove, naturalmente, ho portato anche i miei figli l’anno successivo.
Prima di partire da Anzio ero schiacciato dai sensi di colpa ma oggi, guardando i miei figli e il mio lavoro, capisco che le “secche” più insidiose sono rappresentate dalla cosiddetta “normalità”, quel buon senso dietro al quale si nasconde chi ha paura dei sognatori.
